Un errore comune
I punti per pollice, noti anche con il termine inglese dots per inch o con l’acronimo DPI, sono la quantità di informazioni grafiche che possono essere rese da un dispositivo di output quale una stampante grafica, un plotter, un RIP, un mouse o uno schermo. Con il DPI si esprime la quantità di punti stampati o visualizzati su una linea lunga un pollice (circa 2,54 cm). Generalmente ad un valore più elevato corrisponde una risoluzione maggiore ed una migliore resa sulle linee inclinate.
Il Pixel è l’elemento fondamentale delle immagini digitali. I PPI quindi sono i pixel presenti in un inch (in un pollice).
Non c’è una correlazione tra DPI e PPI. Le stampanti a getto di inchiostro per esempio utilizzano più punti per un singolo pixel.
Nel corso del tempo si è creato un malinteso anche dovuto a certi software che inizialmente indicavano DPI e PPI nella stessa maniera. Essendo però l’elemento più piccolo di un’immagine digitale il pixel, quando si parla di risoluzione di un’immagine si parla di PPI (Pixels per inch).
Per le nostre stampe consigliamo almeno una risoluzione di 350 PPI nel formato di stampa richiesto anche per i piccoli formati. Chiaramente formati molto grandi avranno bisogno di risoluzioni più elevate.
Cosa vuol dire fornire un file a 350 PPI nel formato richiesto? Se per esempio creiamo un file 20×30 cm a 350 ppi, questo avrà una quantità di pixel sufficiente per essere stampato in alta qualità in quel formato. Se però vogliamo ridimensionare il file per ottenere una stampa più grande portandolo per esempio a 30×45 cm, inevitabilmente la quantità di pixel originari sarà ridistribuita in una superficie maggiore e quindi diminuirà la densità. In questo caso arrivando a 233,341 PPI che è un valore al di sotto di quello suggerito di 350 PPI.